What if one day we become prisoners of the ivory towers we have carefully built? How much would each inch gained be worth? How much would all those seconds that mark and plan our lives be worth? Only when cornered does a man understand his priorities and real needs.
hope (empty time)
perception of space before extinction
ropes
like bonds,
as constraints and boundaries, real and virtual.
that delimit spaces and possibilities,
that close off areas and air.
signs of necessity and violence.
footsteps
like remains of human beings,
as broken wishes, present and future.
who yearn for movement and life,
that risk existence and extinction.
signs of the past and passing.
boat
as a shape,
as essence.
which returns a horizon,
which grants alternatives.
a sign of will and hope.
time
as absence,
as a vacuum voltage.
that defines the space,
which sustains an aesthetic emotion.
a sign of essentiality and geometry.
Flavio Tiberti
hope (il tempo vuoto)
percezione dello spazio prima dell’estinzione
corde
come legami,
come costrizioni e confini, reali e virtuali.
che delimitano spazi e possibilità,
che chiudono aree e aria.
segni di necessità e di violenza.
orme
come resti di esseri umani,
come desideri infranti, presenti e futuri.
che anelano movimento e vita,
che rischiano esistenza ed estinzione.
segni di passato e di passaggio.
barca
come forma,
come essenza.
che restituisce un orizzonte,
che concede alternative.
segno di volontà e di speranza.
tempo
come assenza,
come tensione al vuoto.
che definisce lo spazio,
che sostiene una emozione estetica.
segno di essenzialità e di geometrie.
Flavio Tiberti
Simbiosi deleteria
E se un giorno diventassimo prigionieri di queste torri d’avorio che abbiamo accuratamente costruito?
Quanto varrebbe ogni centimetro guadagnato?
Quanto varrebbero tutti quei secondi che scandiscono e programmano le nostre vite?
Solo quando messo alle strette l’uomo comprende le sue priorità e le sue reali necessità.
Solo in vista di un’imminente catastrofe l’uomo prende coscienza di ciò che potrebbe perdere.
Proprio su questa riflessione si concentra “Hope” di Flavio Tiberti, una ricerca estetica in cui emerge la caducità dell’uomo (creatura fallibile) in lotta contro una forza più grande di lui.
Queste due forze, l’una creativa e l’altra distruttiva, giocano un crudele ed impari tiro alla fune che porterà indubbiamente ad una fine. Ma cosa c’è nel mezzo?
In questa ricerca spirituale ogni singolo fotogramma è investito da una rinnovata coscienza critica che mette in discussione l’autorità e il peso che esercita il tempo nella nostra vita.
Corde piantate sulla pelle di un ciclopico gigante che ci permette di vivere sulla sua schiena.
Legami che si intersecano, come il destino di più individui, come grate di una cella, per formare opprimenti aree simili alle nostre prigioni di cristallo.
Viviamo imbelli in uno spazio, in balia del tempo che scorre, come acqua che cancella i nostri passi sulla riva.
Cosa rimarrà di noi?
Una storia senza uomini.
Una storia di sole azioni.
Azioni animate dalla volontà di raggiungere con una zattera la tanto agognata meta: una piccola isola in mezzo al mare vittima del nostro stesso destino.
«Il viaggio di Ulisse continua da isola in isola.
Una meta mai definitiva, mai permanente.
Un uomo che cammina su un gigante.
Un crudele gioco di sopravvivenza tra ospite e ospitante.
Entrambi vittime l’uno dell’altro.
Entrambi in balia di una presenza ancestrale e invisibile
che ridefinisce la loro intera essenza».
Vita, crescita, morte: protagonisti del sadico gioco del tempo, giudice delle nostre azioni deputato a scegliere cosa conservare (bianco) e cose distruggere (nero).
Una stella che illumina una parte delle cose, eclissandone altre.
Un severo imperatore che incide su tutte le cose, che fa gioire o dannare, delimitando un limite massimo che a noi non è dato sapere.
Un tempo a disposizione. Forse breve,… forse lungo.
Chissà se capiremo prima della fine…
Anthony Francesco Bentivegna
Storico dell’Arte